Torniamo indietro di qualche millennio: la Cina e la sua millenaria tradizione nel campo delle arti marziali e del combattimento. Chi di voi ha familiarità con la filosofia cinese conoscerà di certo il testo che racchiude i 36 Stratagemmi con tutti i suoi corollari e aforismi applicati all’arte della vittoria. Iniziamo con lo sciogliere un po’ i muscoli del cervello e applichiamo, prima di addentrarci nel primo stratagemma, la regola principe dettata e tramandata dal verbo di Sunzi: “Conosci gli altri e te stesso:cento battaglie, senza pericoli. Non conosci gli altri, ma conosci te stesso: a volte vittoria, a volte sconfitta. Non conosci gli altri né te stesso: ogni battaglia è una sconfitta certa“. Premesso che andrebbe imparata a memoria e recitata ogni qual volta se ne presenti l’occasione o, per meglio dire: queste sono le parole che un guerriero della contemporaneità dovrebbe assimilare come sostanza proteica per una giusta mentalità vincente. Finita la fase del riscaldamento continuiamo l’allenamento con lo studio dell’avversario e impariamo la strategia psicologica da attuare in caso di aggressione. Ci rivolgiamo ancora alla saggia disciplina orientale al suo primo stratagemma che recita così: “ciò che è familiare non desta attenzione“. Se analizziamo bene il testo, scaviamo all’interno del suo significato, masticandone le parole come se fossero le orecchie del nostro aggressore, noteremo in che modo la tradizione millenaria cinese si sposa con tutto ciò che noi alleniamo durante i nostri “duelli” in palestra. Idan Abolnik il creatore del Kalah System ripete con forza e costanza che nel momento topico di un attacco, dobbiamo giocare a fare la vittima. “Play the victim” ripete ai suoi allievi: “Cioè? Invece di rispondere a violenza con violenza dobbiamo esercitarci a fare la vittime?” a qualcuno potrebbe sorgere il dubbio, legittimo. Cerchiamo allora di essere più chiari. Vi trovate improvvisamente sotto assedio, qualcuno vi ha messo le mani sulla maglietta, la vostra preferita tra l’altro, ed inizia a strattonarvi. L’intuito vi dice che la prima cosa da fare è colpire il tizio che avete davanti, e potreste anche avere ragione. A questo punto, l’avete colpito, ma non lo avete abbattuto: risultato? E’ più incazzato di prima e adesso i suoi occhi sono simili a quelli di un lupo di fronte ad una pecora indifesa. Se non possedete nozioni o mentalità da vincenti sarete destinati ad un’amara sconfitta. Come uscire indenni da quest’impasse fisica e psicologica? “Play the victim”. Quando l’energumeno vi avrà aggiuntato per il bavero sbattendovi come un aquilone nell’occhio del ciclone, portate le mani al viso e pregatelo di non farvi del male. La sua testolina, orfana da tempo di neuroni, si metterà subito a proprio agio. I suoi pensieri andranno immediatamente all’ultima puntata di Uomini e Donne e si sentirà a proprio agio. Il suo unico neurone gli suggerirà che quello che ha di fronte è l’ennesimo sfigato a cui farà passare un brutto quarto d’ora. Ed in questo esatto momento che indosserete il vostro costume da giustiziere, trasformandovi in un fottutissimo Charles Bronson, pronto a sbranare quello che da lupo si tramuterà in pecora, ammesso che la sua fisionomia sia ancora riconoscibile sopo che gli avrete messo le mani addosso e giocato a Shangai con le sue ossa. Tutto questo è frutto di un‘equazione semplice tanto quanto lavarsi la faccia al mattino: “Chi è padrone della psicologia bellica esordisce fingendosi a proprio agio, tranquillo. Questo stato d’animo è trasmesso all’avversario, la cui vigilanza si assopisce. A quel punto, lo stratega attacca all’improvviso con violenza e rapidità,nell’istante in cui l’avversario si trova con la guardia allentata e quindi sarà colto completamente di sorpresa“. Così parlò lo stratagemma n.1 e così agisce un guerriero di Kalah.