Film di arti marziali The punisher e l’arte del Krav Maga

Chi è più o meno appassionato di fumetti sicuramente conoscerà il personaggio ideato dalla Marvel e che prende il nome di The Punisher. In principio fu il fumetto, poi arrivarono il film di arti marziali e in questi giorni su Netflix è possibile guardare la prima stagione dell’eroe dannato e senza pietà risponde al nome di Frank Castle, ex operativo Delta Force e oggi conosciuto come il Punitore. Per farla breve, al nostro eroe viene sterminata la famiglia e lui con lo strenuo desiderio non di vendetta, ma di punizione, da qui Punisher, fa fuori gli autori del delitto, per poi continuare la sua personale guerra contro il male. Come ogni eroe che si rispetti anche lui porta con sè il suo marchio: una t shirt raffigurante un teschio regalo del figlio appena ucciso.

Non vogliamo entrare nei meriti artistici specifici di film e serie tv, quello lo  lasciamo fare a chi di dovere. A noi spetta sottolineare e concentrarci su un altro aspetto, più adatto a quella che ormai possiamo definire una vera e propria religione. Come monaci buddisti che vivono a stretto contatto con la loro fede tutto il santo giorno, anche un allievo Krav Maga, qualsiasi cosa faccia, pensa e vive Krav Maga.  Il motivo è semplice: per chi pratica questa disciplina sa che  il suo ring è la strada e deve, di conseguenza, farsi trovare sempre pronto qualora si imbattesse in una situazione di pericolo oggettivo. Tornando a The Punisher e a tutti quei film e serie tv (Daredevil per fare un altro esempio) che scelgono il Krav Maga per filmare scene di combattimento corpo a corpo, con pistole ,bastoni o coltelli, è bene precisare che la scelta ha un suo perchè ben strutturato.

Produttori, registi e sceneggiatori si sono resi conto,ad un certo punto, che per ambientare scene di lotta all’interno di un contesto urbano servisse una disciplina che fosse quanto più realistica possibile. Così dalla Kick Boxing, contestualizzata al solo ring, di Van Damme si è passati allo spettacolare e acrobatico, ma troppo cinematografico, Kung Fu alla Jackie Chan  per finire al più immediato e funzionale metodo Krav Maga. Questo per un’altra semplice ragione: lo spettatore può immedesimarsi al meglio in quello che guarda e vivere quegli scontri con maggiore trasporto. Il successo della disciplina israeliana al cinema e nelle palestre è figlia di questo fascino: l’innegabile utilità nel quotidiano (in special modo per il gentil sesso) e la straordinaria duttilità per ogni essere umano differente per età e sesso.

 

Giuseppe Cottone

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